Il problema della scarsità di acqua dolce ha indotto il ministero a individuare come soluzione il riutilizzo delle acque reflue. La normativa italiana, il D.M. 93/06 e la direttiva Europea 91/271/CEE definiscono i requisiti minimi di qualità relativi a diversi parametri micro-biologici e chimico-fisici per il riutilizzo delle acque reflue per l'uso irriguo, civile ed industriale.
Purtroppo non prevede parametri o raccomandazioni che richiamino l’attenzione delle autorità sanitarie sui farmaci come contaminanti.
Uno studio abbastanza recente ha dimostrato come questi cocktail farmaceutici presenti nelle acque reflue trattate, che vengono poi riutilizzate per l'irrigazione dei campi, siano in grado di indurre stress alle piante.\cite{Gorovits_2020}
Si comprende quindi l'importanza del trattamento terziario delle acque reflue.
Le fonti responsabili della presenza di prodotti farmaceutici nelle acque possono essere gli impianti di trattamento delle acque reflue, gli ospedali, le acque reflue domestiche non trattate o alcune fonti sconosciute. Tra questi di notevole importanza sicuramente gli effluenti degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane.
I farmaci più frequentemente rilevati nell’ambiente acquatico sono:
- Diclofenac (DCF), un agente non steorideo antinfiammatorio;
- Amoxicillina (AMX) un antibiotico β-lattamico a spettro moderato;
- Carbamazepina (CBZ), un farmaco anticonvulsionante e stabilizzante dell’umore.