L’eccessivo sfruttamento delle risorse idriche da parte dell’uomo ha fatto si che venissero varate norme giuridiche per regolare prelievi e immissioni che possano generare impatti rilevanti al comparto. In Europa la normativa vigente è la Direttiva 2000/60/CE, anche detta Water Framework Directive\cite{Borea_2018}. La direttiva persegue obiettivi ambiziosi quali: migliorare lo stato delle acque, prevenire il deterioramento qualitativo e quantitativo e assicurarne un utilizzo sostenibile\cite{Ensano_2017} \cite{Scannapieco_2012,Naddeo_2007,korshin2021}. In Italia tale direttiva è recepita con D.lgs. 152/2006. La normativa impone la definizione dello Stato Ambientale, ottenuto in funzione del valore peggiore tra lo Stato Ecologico e lo Stato Chimico. Lo Stato Ecologico è determinato da elementi di qualità biologica, elementi chimici (LIMeco), elementi idromorfologici ed inquinanti specifici \cite{2020}. Tale stato viene ripartito in 5 classi qualitative che vanno dall’elevato al pessimo e ad ognuna di esse viene attribuito un colore come si può osservare dalla fig.2. Lo Stato Chimico si ottiene andando a considerare una serie di sostanze (oltre 300) considerate prioritarie dalla direttiva europea per le quali esiste un valore soglia \cite{Ensano_2019,Naddeo_2012,kranert2012}. Calcolato il 75° percentile per ognuna di tali sostanze e confrontato con il valore soglia, se tutti i parametri sono minori del valore stabilito allora lo stato è considerato Buono. Nel caso in cui anche uno dei valori risultasse superiore al valore soglia, allora lo Stato è da considerarsi come Mancato conseguimento dello stato buono.