Il comparto atmosferico è uno dei comparti più importanti nell’ambito della valutazione di impatto ambientale in quanto sono numerose i fenomeni, sia antropici che naturali, che possono andare ad alterare sia direttamente che indirettamente il suo stato. La normativa di riferimento nazionale è il Decreto Legislativo 152/2006 che nella parte V definisce e caratterizza i limiti delle emissioni. Successivamente il Decreto Legislativo 13 agosto 2010, n.155 recepisce la direttiva 2008/50/CE introducendo anche i valori limite di qualità dell’aria alle immissioni. Ai fini della valutazione di impatto ambientale risultano ancora utili le prescrizioni data dal Decreto Ministeriale 28/12/88 in cui vengono definiti gli elementi minimi per la caratterizzazione del comparto. Nel primo allegato del DM sono descritte le componenti: ogni comparto si divide in componenti  e ogni componente può avere uno o più fattori ambientali.  Nel secondo allegato invece va a descrivere gli elementi minimi, ovvero gli indicatori, da dover descrivere con riferimento alle componenti ed ai fattori ambientali del comparto specifico.
Dal DM28/12/88 possiamo individuare gli elementi necessari per un'analisi sufficiente del comparto:
Si capisce quindi che caratterizzare tale comparto significa andare a studiare non solo la qualità dell’aria ma anche quelle che sono i fenomeni di tipo meteoclimatiche che regolano il trasporto delle sostanze emesse. Quest'ultimo aspetto richiede pertanto la modellazione matematica di fenomeni molto complessi in cui la turbolenza atmosferica e le trasformazioni foto-chimiche giocano un ruolo fondamentale.  Sulla base delle caratteristiche di emissione e dei fattori meteorologici, un modello di dispersione può essere utilizzato per prevedere le concentrazione nello spazio di una sostanza emessa da una sorgente. I modelli di dispersione possono avere come base teorica un differente approccio nel considerare lo spostamento delle particelle nello spazio: E’ possibile adottare per lo studio di queste un approccio Euleriano che fissa un sistema di riferimento entro cui la posizione della particella viene individuata oppure un approccio Lagrangiano in cui si segue la particella nel suo movimento. Entrambi gli approcci non sono integralmente adottabili senza apportare delle semplificazioni al sistema di equazioni differenziali che governano il fenomeno fluidodinamico per via delle difficoltà nel caratterizzare lo sviluppo della turbolenza. Per rendere trattabile il problema si è optato per un’integrazione numerica su un numero ridotto di equazioni differenziali e approssimare le rimanenti. Un contributo notevole alla modellazione proviene dalla Teoria della similarità che tramite la processione di una enorme quantità di dati ricavati dalla registrazione delle condizioni atmosferiche nel tempo è riuscita a dare una forma semi-empirica ai fenomeni fisici dello strato atmosferico più superficiale e ricavare quindi relazioni di validità generale che mettono il profilo verticale delle principali variabili di interesse in funzione della quota e dei parametri della turbolenza.  Attraverso queste sono state ricavate delle relazioni semi-empiriche di carattere generale che permettono di creare dei modelli più semplici e pratici a patto di fare i conti con forti limitazioni dovute alle iniziali ipotesi semplificative. I limiti sono che esso si applica solo in situazioni di forte omogeneità superficiale (zone pianeggianti), omogeneità di copertura e un’evoluzione dei fenomeni turbolenti quasi stazionario. Un ulteriore passo per affrontare la modellazione del fenomeno è descrivere la forma con cui un'emissione si disperde in atmosfera. In genere le forme più semplici sono il puff, concepito come singolo sbuffo di gas emesso, e il plume, il classico pennacchio delle ciminiere. Nel tempo è stato osservato un comportamento ricorrente di queste forme di emissioni nelle diverse condizioni atmosferiche. Una delle semplificazioni più importanti è quella che adottano i cosiddetti modelli stazionari, cioè considerare che i fenomeni atmosferici (e quindi turbolenti) si mantengano costanti e inalterati in un intervallo di tempo tale da rendere rappresentativa la stima del valor medio della concentrazione. Uno dei modelli più famosi tra i tanti prodotti grazie a questa semplificazione, nonché uno dei più utilizzati per i fini ingegneristici dove non è richiesta una conoscenza molto precisa della dispersione atmosferica, è il modello stazionario gaussiano, che fa una serie di ipotesi semplificative molto limitanti, tra cui le più incisive sono la superficie piana e la stazionarietà dei fenomeni atmosferici