Composti organici volatili: natura, rischi e strategie di controllo

I composti organici volatili (COV o VOC) sono tra le sostanze più nocive presenti al mondo e nel nostro caso poniamo l’attenzione ad un sottoinsieme, quello dei BTEX, composto da benzene, toluene, etilbenzene e tre isomeri dello xilene (p-xilene, m-xilene e o-xilene) \cite{Wongbunmak_2020}. Possiamo trovare i COV sia in natura, in zone umide, foreste, oceani, vulcani \cite{Bouchaala_2012}, ma soprattutto creati da attività antropiche, come le industrie manifatturiere, petrolchimiche (Fig. 1) , emissioni dei veicoli \cite{Bouchaala_2012}, vernici, solventi, rifiuti e impianti di trattamento di acque reflue \cite{Comia_2019}. Sono noti per la contaminazione del suolo, dell’aria e dell’acqua e nel settore chimico sono utilizzati come composti di partenza per ottenere plastiche, resine, detergenti, pesticidi e vernici \cite{Tursi_2020}. Degli studi iniziali, collegati all’uso dei pesticidi, hanno individuato il miele come buon indicatore della qualità ambientale e sentinella per il biomonitoraggio \cite{Al_Alam_2017}.                                                                                                                        L’inquinamento di BTEX in acqua è dovuto invece a scarichi di acque reflue da processi industriali, rilascio di prodotti di serbatoi di stoccaggio e uso di solventi \cite{Tursi_2020}; studi recenti hanno dimostrato per la prima volta la presenza di questi composti in ambiente acquatico su mozziconi di sigarette \cite{Dobaradaran_2021}. Altre emissioni di COV le individuiamo all’interno degli edifici, anche con un livello 2-10 volte superiore rispetto all’esterno, a causa di prodotti per ufficio, materiali sintetici, detergenti, deodoranti per ambienti, prodotti per la manutenzione \cite{Van_Durme_2007}.               Si può limitare l’emissione indoor scegliendo materiali a bassa emissione per l’arredamento e per la costruzione, oltre ad una maggiore frequenza di ricircolo dell’aria \cite{Bouchaala_2012}.                            Questi composti arrivano all'uomo tramite ingestione, inalazione ed esposizione cutanea  \cite{Wongbunmak_2020}; possono provocare danni come: debolezza, affaticamento, perdita di appetito, confusione e nausea \cite{Dobaradaran_2021}, irritazione della pelle, degli occhi, delle mucose carenza del sistema nervoso \cite{Tursi_2020}, fino ad insorgenza di anemia e leucemia \cite{Wongbunmak_2020}.
Altra problematica che colpisce la popolazione è rappresentata dall’emissione di odori, tanto da essere considerati la principale causa di fastidio per via dell’ esposizione ad impianti di ingegneria sanitaria \cite{management} ; gli impatti non sono solo legati alla salute, come disturbo del sonno, emicrania e perdita di appetito \cite{monitoring} ma sono anche legati all’economia del turismo e sui costi del territorio \cite{Zarra_2012}. Tra le tecniche per rilevare gli odori ricordiamo innanzitutto il sistema olfattivo umano, che è quella più accurata e che ha spinto la comunità scientifica a esplorare nuovi metodi modellati in base al suo meccanismo, sfruttando ad esempio le reti neurali artificiali (ANN) \cite{Zarra_2019}; altre tecniche sono legate a nuove generazioni di IOMS (sistemi strumentali di monitoraggio degli odori) che riescono a controllare e validare in continuo i dati acquisiti mediante un sistema di auto calibrazione \cite{Oliva_2021}.                                                                                                          Modelli classici sono quelli di dispersione, utili sia per il controllo che per la gestione degli odori \cite{areas}; un caso studio analizzato con questi modelli è quello di Borgo Montello, dove è presente una discarica di RSU e si è dimostrato che i livelli di esposizione più elevati agli odori sono stati registrati di notte, quindi in un arco temporale in cui non vi è movimentazione di rifiuti \cite{68k6cc}. Studi legati all’analisi olfattometrica inoltre hanno mostrato che la concentrazione di odori in campioni di aria proveniente da impianti di ingegneria sanitaria diminuisce nel tempo trascorso dalla fase di campionamento \cite{olfactometry}.  
Le tecnologie usate per l’abbattimento dei BTEX e del toluene in particolare possono essere suddivise in due grandi famiglie:                                                                                                                              
Altri studi nell’ambito biologico sono stati effettuati sui processi di ossidazione avanzata (AOP) che permettono elevate capacità di eliminazione dei composti volatili, facendo però attenzione a controllare le emissioni di sottoprodotti\cite{belgiorno2018}; uno dei processi AOP è l’ultrasonicazione in cui la degradazione dei gas COV avviene mediante ultrasuoni, con il toluene come composto rappresentativo; i risultati migliorano considerando influenza del ricircolo dell’acqua con aggiunta di Ozono \cite{Comia_2019};   altra tecnica studiata è stata quella di un bio-scrubber accoppiato con ozonizzazione che non solo ha un'elevata efficienza di rimozione del toluene ma previene condizioni inibenti per l'attività di microrganismi \cite{pretreatment}                                                                                  Il processo ad ultrasuoni ha mostrato risultati interessanti anche in combinazione con metodi di disinfezione tradizionali, rimuovendo con più facilità alcune specie di batteri e riducendo significativamente i tempi di reazione \cite{2014}.                                                                                            Altro processo biologico è quello di biodegradazione con il Bacillus amyloliquefaciens W1, un batterio capace di degradare tutti i composti della famiglia BTEX, col vantaggio di svilupparsi in coltivazione semplice e quindi permettere la produzione su larga scala \cite{Wongbunmak_2020}.                                                                                                                                                                                           Una tecnologia innovativa è quella della distillazione a membrana (MD) che riduce il consumo di energia primaria sfruttando quella geotermica nelle acque reflue ma lo svantaggio è legato alle incrostazioni della membrana, che riducono efficienza energetica ed è per questo che si cerca di combinarla con adeguato pretrattamento \cite{Zhang_2019}.                                                                                         I fotobioreattori a membrana che vedremo in questo studio, anche se sotto la configurazione MPBR sono stati studiati anche per la cattura di CO2 e la produzione di biomassa, mostrando velocità di raccolta efficiente ma anche la riduzione di nitrati e della torbidità nel permeato \cite{Senatore_2021}; altre applicazioni dei bioreattori a membrana MBR possono essere sviluppate in collaborazione con i nanomateriali ma il problema principale è legato ai costi su larga scala \cite{Pervez_2020}; le prestazioni delle membrane sono vincolate anche alle dimensioni dei pori della maglia e ai tipi di materiali di supporto, come quelli polimerici che sono ampiamente utilizzati per la loro disponibilità e il basso costo \cite{Millanar_Marfa_2021}.